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Progetti di lettura per figli di uno slogan

Scritto il 28 Agosto 2019 da Nadia_B. Leggi altro su Comunanze.

Non siamo nati per leggere, ma siamo figli del comunicare, perciò abbiamo un grande bisogno di usare slogan, termine il cui significato originale è “grido di guerra”.
Lo slogan da cui possiamo immaginare di essere nati potrebbe essere un “ ti amo” o un “ti voglio bene” o un qualche altro sintetico indicatore di un non meglio definito sentimento.
Quanti hanno pronunciato queste frasi senza avere una chiara idea del loro significato? Quanti si sono preoccupati di studiare semantica, pragmatica, campo associativo ecc ecc di queste frasi, prima di pronunciarle?
E’ così che funzionano gli slogan, che hanno però bisogno di un grande alleato, di un condottiero: la postura, ovvero, sguardo e tono di chi li pronuncia. E’ da questo che prende senso e forza uno slogan, che di per se può significare tutto e il contrario di tutto. Dunque ecco perché non siamo nati per leggere: perché la lettura non è uno strumento immediato di comunicazione. Il testo scritto è privo di sguardo e di tono, privo di voce. Per quanto sia completo e dettagliato, richiede uno sforzo enorme in termini di decriptazione.
Per apprendere il nuovo è necessario avere fatto prima esperienze dirette sul mondo, o almeno, averlo visto o avere avuto qualcuno che ce l’ha raccontato. E’ necessario avere una struttura di senso su cui realizzare continue variazioni in corso d’opera. Forse la comprensione si basa unicamente su analogie e confronti con cose già conosciute in qualche altro modo.
La lettura è decisamente uno strumento complicato, lontano dal mondo che dice di contenere. E’ un medium che filtra la realtà attraverso la scrittura.
C’è un percorso piuttosto tortuoso che va dalla scrittura alla lettura: la realtà passa di mano in mano, scolpita nel significato complesso delle parole, ridotte a minuscoli segni, che hanno un senso solo nel loro ristretto contesto linguistico.
Un progetto di lettura dovrebbe sempre partire  dall’incompletezza comunicativa della lettura. Anche la frase scritta nel modo più ricco e completo, tecnicamente perfetta, ha bisogno di un tono.
E’ il calore, il colore, il peso, il sapore delle parole, il loro rapporto con i sensi, con la realtà, la loro capacità di creare relazioni, a dare un valore, a dare voce alle parole stesse.
In effetti, non a caso si tratta in genere di progetti di lettura ad alta voce, che si basano su diversi approcci allo strumento “voce”.

Alcuni progetti di lettura a confronto: Nati per leggere, Leggimi ancora (Batini), Leggere 5vava (City Jump).

Nati per leggere
(ll cuore del progetto è la lettura ai bimbi piccolissimi effettuata di genitori)
“I miei primi 1000 giorni. Perché leggere ai bambini, fin da piccoli.
Leggere ad alta voce ai bambini fin dalla più tenera età è una attività molto coinvolgente per entrambi che rafforza la relazione adulto-bambino.
L’evidenza scientifica dimostra che i primi anni di vita sono fondamentali per la salute e lo sviluppo intellettivo, linguistico, emotivo e relazionale del bambino, con effetti significativi per tutta la vita adulta.
Il progetto propone alle famiglie con bambini, fino a 6 anni di età, attività di lettura che costituiscono un’esperienza importante per lo sviluppo cognitivo dei bambini e per lo sviluppo delle capacità dei genitori di crescere con i loro figli.
Tra le varie attività utili allo sviluppo del bambino, i pediatri indicano che la lettura insieme durante i primi 3 anni di vita è la cosa più importante che i genitori possono fare per preparare il bambino alla scuola. Un bambino che riceve letture quotidiane acquisirà un vocabolario più ricco, avrà più immaginazione, si esprimerà meglio e sarà più curioso di leggere. Ciò gli consentirà una più facile comprensione dei testi scolastici e una minore fatica nello svolgimento dei compiti e dei temi, in tutte le materie.
Leggere ad alta voce è piacevole e crea l’abitudine all’ascolto, aumenta molto la capacità di attenzione, e accresce il desiderio di imparare a leggere. La vostra voce è magia per il bambino. L’elemento che più conta é lo stare insieme, condividere la lettura come un’attività semplice.
Osservare un bambino piccolo dotato di capacità di linguaggio ed espressione simili a quelle di bambini più grandi fa sempre un certo effetto, in particolare quando il genitore le confronta con quelle che erano le proprie capacità alla stessa età del figlio. Anche un genitore poco scolarizzato, che può temere che il proprio bambino possa non avere successo a scuola, potrà scoprire egli stesso che invece, tramite la lettura insieme, il proprio figlio dimostrerà doti intellettuali più avanzate rispetto a quelle di bambini coetanei i cui genitori non hanno però praticato la lettura insieme.
Prova a sperimentare tu stesso: osserva un bambino di quattro anni che ha frequentato Nati per Leggere e confrontalo con le capacità linguistiche di un bambino della medesima età ma che non sia stato metodicamente esposto nei primi anni di vita alla lettura insieme. Noterai tu stesso quanto la proprietà di linguaggio del primo bambino assomigli a quella di bambini molto più grandi.
Non si pensi quindi che il leggere ad un bambino molto piccolo, che non è ancora in grado cioè di comprendere completamente ciò che ascolta, sia un’operazione poco utile. Al contrario! Il bambino esposto alla lettura è perfettamente in grado già molto presto, di estrarre e fare proprie le parole e le regole del linguaggio, abilità che, senza la lettura, acquisirebbe, come appunto accade, molto più tardi.
Il genitore non deve possedere doti particolari di bravura o di tecnica per leggere insieme, è sufficiente seguire il testo e le figure, e intraprendere con il bambino una lettura ricca di scambi affettivi.”

Leggimi ancora (Federico Batini) 
(La lettura ad alta voce come esperienza vicaria, rivolta ai ragazzi in età scolare e agli adulti nei luoghi di cura. I lettori sono gli insegnanti e i volontari, si fa leva sulla forza narrativa dei testi)
‹‹Nella lettura, l’immaginazione del lettore è guidata dal suo concetto di Sé e ciò gli consente di riconoscere nella narrazione particolari e singolari aspetti della propria individualità. Allora è evidente che la fruizione della narrativa implica molto di più che organizzare le informazioni del testo in una struttura di significato: implica un processo costruttivo, una proiezione nel racconto di propri significati. La fruizione della narrativa implica una ricapitolazione degli aspetti del Sé significativi, per questo può svolgere una funzione importante per la crescita della persona, consentendole di esplorare se stessa e le proprie emozioni attraverso il coinvolgimento affettivo e mettendo alla prova i sistemi di credenze che danno senso alla realtà. [?] Come le concezioni del mondo e del Sé influenzano la fruizione della narrativa, altrettanto questa può influenzare e modificare le concezioni del mondo e del Sé; quando la narrativa è significativa, ovvero serve a organizzare l’esperienza, a costruire senso, quando fornisce modelli di azioni e sentimenti ed emozioni, quando eccita l’immaginazione, la lettura produce nel lettore un cambiamento nella percezione della realtà.›› (Levorato, 2000, pp. 81-82). Le storie, sono considerate, allora, come dispositivi atti a facilitare il processo di costruzione dell’identità di ciascuno di noi e la possibilità di acquisire un controllo ed un potere reale maggiore circa la propria esistenza. E’ necessario, per tenere insieme tutte le tessere del nostro puzzle identitario, avere delle competenze narrative, altrimenti ci sentiremmo disorientati poiché dovremmo tentare continuamente di definirci in qualche modo. Queste competenze, servono oggi più di ieri alle persone per poter dare significato alle nostre esperienze, per gestire e controllare il proprio futuro. ‹‹La costruzione della nostra identità, passa attraverso forme di bricolage identitario narrativo, si verifica cioè un processo di accumulo di piccole narrazioni, porzioni di storie esperite, lette, ascoltate, piccole ermeneutiche del vissuto, del visto, dell’ascoltato e del letto che diventano materiale attraverso il quale, costruiamo la nostra identità.›› ( Batini 2011b, p. 74)

Leggere 5 Vava (City Jump) 
(ll cuore del progetto è la lettura ad alta voce effettuata dai ragazzi in età scolare durante i compiti, ascoltati da un educatore. Lettura relazionale.)
Il progetto è rivolto ai ragazzi in età scolare ed è orientato a dare, attraverso la “lettura ad alta voce a qualcuno”, un valore aggiunto al momento dei compiti, in particolare nel doposcuola.
Gli educatori alla lettura formati durante le prime fasi del progetto, si dedicano soprattutto all’ascolto della voce dei ragazzi che leggono.
Gli educatori hanno il compito di facilitare i ragazzi a raggiungere la consapevolezza del proprio suono e di aiutarli ad individuare e “vedere” il contesto in cui si sviluppano i contenuti delle letture.
Questo progetto, nato a partire dagli strumenti teatrali di voce, postura, consapevolezza del sé, ha dato risultati non solo in termini di didattica, ma soprattutto in termini relazionali.
In particolare nei ragazzi che hanno partecipato, si sono riscontrati miglioramenti dal punto di vista del riconoscimento di se stessi, dell’apertura alla famiglia e all’ambiente scolastico.

Il progetto che manca
I tre progetti citati, come anticipato, si sviluppano a partire da diversi approcci alla lettura.
I primi due, hanno in comune il fatto che il lettore non è il beneficiario diretto della lettura, ma è generalmente un adulto che legge ad un bambino o a un ragazzo, per trasferirgli i benefici della lettura stessa.
Il terzo progetto, Leggere 5Vava, si distingue per aver posto i ragazzi come protagonisti diretti della lettura stessa. Lettori attivi, non passivi.
Questo aspetto aggiunge numerose implicazioni al progetto, raggiungendo obiettivi inattesi, quali una forte autoconsapevolezza e accettazione di se stessi, capacità di esprimersi, sicurezza e altre condizioni, derivanti dall’allenamento ad utilizzare la propria voce, quale strumento per “essere” e per essere accolti e riconosciuti.

Il progetto che manca è quello che, a partire dal percorso di Leggere 5Vava, valorizza la forza dell’essere protagonisti della propria vita e delle proprie relazioni, vincendo i limiti dell”Ego, in antitesi rispetto alla nostra cultura, che ha una vera ossessione per lo sviluppo del singolo individuo.
E’ un progetto che insegna ai ragazzi a condividere senza paure la propria conoscenza, a scendere nel campo delle relazioni pronti a collaborare, piuttosto che a essere i migliori e competere per qualsiasi cosa per tutta la vita.
Il modello è quella della lettura ad alta voce attorno al focolare, quello che si basa sul senso di comunità umana e sul riconoscimento del valore dell’altro.
Il sapere, a differenza del pane, può essere moltiplicato e condiviso senza bisogno di miracoli.
Questo nuovo obiettivo, richiede una impostazione progettuale differente, un design without ego (*).
Una delle illusioni maturate nella società odierna è quella del genio creativo individuale.
Ma sfatando questo mito, possiamo osservare invece che le idee migliori nascono da collaborazioni: con un partner, con il gruppo di lavoro, con la società in cui siamo immersi. La creatività è nella contaminazione culturale e nella capacità di includere conoscenze trasversali.
Dunque ben venga questa abilità di leggere ad alta voce a qualcuno, ben vengano questi educatori che ascoltano e che quindi trasferiscono ai ragazzi questa capacità di ascolto individuale. Ma bisogna andare un po’ oltre.

Ascoltare il mondo senza pregiudizi è già cambiarlo un po’, ma il progetto deve curare molto anche i contenuti collaborativi, a partire dalla sua stessa impostazione organizzativa, con strumenti che supportino un cambiamento culturale che prevede l’apertura dell’individuo alla comprensione dell’ecosistema umano.
Solo con l’esempio concreto, con l’evidenza e l’esperienza diretta si potrà aiutare veramente i ragazzi a sentirsi parte attiva di una comunità culturale più vasta e differenziata, consapevoli e liberi di trasferire le proprie capacità di ascolto e di diffondere, nelle proprie aule e nelle situazioni in cui la vita li condurrà, le buone pratiche apprese.

 

(*) Cit: Design without Ego | Davide “Folletto” Casali | TEDxBologna

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